Nelle malattie che coinvolgono il comportamento alimentare, come l’obesità, l’anoressia e la bulimia, si verificano episodi ricorrenti caratterizzati da abbuffate: situazioni di disagio fisico e psichico in cui la persona affetta perde il controllo sull’ingestione di cibo. Ebbene, alcuni scienziati italiani hanno scoperto nel cervello un interruttore per fermare le abbuffate. Si tratta di un recettore – TAAR1 – presente sui neuroni della ‘corteccia prefrontale’ che, quando viene attivato, è in grado di ‘comandare’ l’interruzione delle insalubri abbuffate. Condotto presso la Boston University da Pietro Cottone e Valentina Sabino, lo studio è stato pubblicato sulla rivista Neuropsychopharmacology e offre una nuova potenziale via per fermare un disturbo davvero diffuso e associato a problemi di salute fisica e psicologica.
I presupposti
I ricercatori, spiega Cottone, hanno anche dimostrato che la molecola ‘RO5256390′ sviluppata da una casa farmaceutica (e attualmente in sperimentazione con altre indicazioni) riesce ad attivare questo freno anti-abbuffata e a fermare le abbuffate compulsive e tutti i comportamenti associati. Quello dell’abbuffata compulsiva è un disturbo della condotta alimentare molto frequente sia negli obesi, sia in chi soffre di anoressia e bulimia. E’ caratterizzato dalla rapida ingestione di grosse quantità di cibo, fino a star male; oltre al malessere fisico, il disturbo si associa a stress psicologico, sensi di colpa, disturbi dell’umore. Per di più i cibi protagonisti del ‘binge eating’ sono spesso alimenti che fanno male, dolci, snack, cibo spazzatura.
Le scoperte
Finora tutti i tentativi di domare le abbuffate compulsive sono risultati elusivi. Cottone e Sabino si sono concentrati sul recettore TAAR1 che è presente nelle aree cerebrali del self control e della decisionalità. Gli scienziati hanno visto che TAAR1 è poco attivo nel cervello degli animali affetti da ‘binge eating’. Gli esperti hanno visto che somministrando agli animali la molecola RO5256390 il freno anti-abbuffata si riattiva e gli animali smettono immediatamente di abbuffarsi e non mostrano più i comportamenti patologici precedentemente messi in atto, ad esempio la ricerca spasmodica di cibo spazzatura e l’iperattivazione in presenza di stimoli associati al cibo.
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